Quando una voce si dice “bella”?
Quante volte abbiamo sentito
espressioni del tipo:”Per cantare bisogna avere una bella
voce” oppure “Se non si nasce con una bella voce non serve a
nulla studiare” o peggio ancora “Non puoi cantare perché non hai
la voce”? Tutte frasi che definire scoraggianti soprattutto
per chi si affaccia al mondo del canto è dir poco.
Quest'ultima deprimente esclamazione ci
può però aiutare a ragionare, dire che per cantare bisogna avere
“la” voce è una semplificazione estremamente errata perché
presuppone che esista un solo tipo di vocalità che se posseduta può
spalancare le porte del successo.
La realtà è ben diversa, come ho già
sottolineato nella prefazione, ognuno di noi è diverso (per
origini, per bagaglio di esperienza, per sensibilità, per
costituzione e certamente anche geneticamente) e quindi con una voce
diversa (per tessitura, per colorazione, per facilità d'uso e per
motivi anatomici). Dando per acquisito il fatto che non è mai
esistita nella storia dell'umanità una voce uguale ad un'altra (e
che invece i cantanti di successo sono stati molti) chiediamoci
allora che cosa fa di una voce una “bella voce”.
Prima di tutto suggerisco di inquadrare
il proprio periodo culturale guardando anche al passato e,
ovviamente, anche al territorio che ci interessa. Per quel che
riguarda l'Italia si è sempre intesa come “bella voce” una voce
rotonda, chiara, aperta, ben proiettata, forte e possibilmente dalle
tessiture acute, tutte caratteristiche tipiche della tradizione
lirica italiana.
Continuando il nostro ragionamento non
possiamo quindi prescindere da questo humus culturale che riecheggia
ormai nel nostro DNA musicale da generazioni, però non possiamo
neanche convincerci che la questione si esaurisca qui infatti,
con l'avvento del canto microfonato prima e della globalizzazione poi
(che ci permette di ascoltare la musica tipica della Nuova Zelanda
con un rapido click), molteplici sono le influenze e i mutamenti che
ha subito l'ideale di “bella voce”.
Innanzitutto questo è significato un
arricchimento non indifferente e un ampliamento delle
caratteristiche vocali accettate in campo artistico dagli
ascoltatori, ecco quindi che non vanno più di moda solo le voci
forti e impostate (un tempo necessarie per rendere udibile il proprio
canto senza l'ausilio del microfono) ma anche quelle piccole e
sussurrate, non più le sole le voci acute ed aperte, tipiche del bel
canto (altro termine infelice), ma anche quelle gravi e chiuse.
Oggi ogni voce ha un potenziale
artistico in relazione a quanto si riesca a renderla veicolo di
messaggi e di emozioni.
Certamente un cantante che si
avvicinerà di più alle caratteristiche descritte, cioè il suddetto
substrato italiano, avrà la possibilità di essere riconosciuto più
facilmente come un buon cantante a livello popolare anche da chi non
ascolta quasi mai musica dato che le sue caratteristiche sono già
state ascoltate ed elogiate in passato rappresentando per
l'ascoltatore un fattore di stabilità e rassicurazione ma per tutti
gli altri le strade non sono chiuse anzi, l'allontanamento da un
determinato modello già ascoltato ed “assorbito” dalla gente può
essere l'occasione per essere una ventata d'aria fresca.
continua...
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