LE VOCI ARCOBALENO
DOMANDA: IN CHE MODO LEON THOMAS HA AFFERMATO DI AVER SCOPERTA LA TECNICA DELLO JODEL?
Dopo
questa rapida carrellata di personaggi ordinati in base al percorso
che abbiamo denominato di intimizzazione del timbro vocale,
prendiamo ora in considerazione alcuni esempi di cantanti che fanno
dell’inafferrabilità timbrica la loro dote migliore. Questo,
evidentemente, non significa che i prossimi casi analizzati non
presenteranno un timbro di partenza specifico e personale come in
quelli precedenti e come in ogni persona, ma sta a significare che
prendendo in toto il significato di jazz come improvvisazione, hanno
fatto la scelta di improvvisare non solo melodicamente e ritmicamente
ma anche timbricamente. Potremmo individuare una sorta di percorso
anche in questo capitolo, non più verso l’intimismo timbrico ma
verso l’improvvisazione timbrica. Dopo il netto distacco conseguito
nel tempo dal substrato lirico arriviamo adesso ad un completa e
totale inserimento della voce nella musica jazz riscoprendolo ancora
una volta e forse più che mai come lo strumento più malleabile e
ricco di sfaccettature che più di tutti incarna le possibilità di
variazione sonora elevandosi allo strumento potenzialmente principe
dell’improvvisazione.
Mark Murphy
Noto
ai più per le sue improvvisazioni in vocalese (improvvisazioni dal carattere strumentale ma dotate di un testo
scritto) Mark Murphy (nato il 14 marzo 1932) è un pop-jazz crooner
di rara e veemente flessibilità vocale.
La
sua voce baritonale dalla grana spessa ed elegante gioca spesso con i
fruscianti pianissimo, i vigorosi shouts
e i falsetti vibranti che mimano gli shakes
di tromba. Nell’ultima parte della sua carriera esaspera ancora di
più le diversità timbriche della sua voce soprattutto durante le
improvvisazioni miscelando sapientemente i suoi colori. Con un’ottima
dose di swing
riesce ad utilizzare suoni che se presi separatamente possono
risultare fastidiosi ma che nel contesto rappresentano dei punti di
climax perfettamente coerenti con il discorso improvvisativo da lui
intrapreso.
Leon Thomas
Baritono
poderoso e pieno di sfumature Amos
Leon Thomas Jr (4
ottobre 1937 – 8 maggio 1999) ha realizzato una sintesi tra le
diverse tradizioni del canto nero afroamericano miscelando la virile
dolcezza dei moderni crooner
agli effetti melodrammatici dei blues
shouter. Si è fatto
soprattutto notare per un’ipertrofia di scat
che da una voce di petto e una voce di testa oscilla ossessivamente
nello jodel
riuscendo ad imbastire perfette frasi melodiche caratterizzate quindi
da salti continui. Lo jodel,
tecnica usata in varie parti del mondo nei canti tradizionali, rompe
definitivamente il concetto di unità della voce spezzandola in due
diverse personalità in una schizofrenia timbrica che segnerà da
quel momento in poi la ricerca di tutti quegli sperimentatori vocali
che si susseguiranno a lui. In una intervista ha dichiarato di aver
scoperto questa tecnica dopo essere caduto e aver rotto i denti
appena prima di un importante spettacolo.
Al Jarreau
Cantante
jazz prima di essere una celebrità del music business, Al
Jarreau, nome
d'arte di Alwyn
Lopez Jarreau (Milwaukee, 12
marzo 1940)
produce un pop raffinato in linea con le mode, nonostante ciò, il
suo approccio vocale non cede sempre al facile. La sua voce neutra,
stimbrata e senza gran vibrato, si esprime mirabilmente nell’arte
dello scat
e delle percussioni vocali prediligendo d’altronde la poliritmia
derivata dalla tradizione africana. È senz’altro dotato di una
grande estensione e di una grande flessibilità che gli permettono
repentini cambi di registro. Spesso usa la sua voce per imitare gli
strumenti non soltanto dal punto di vista ritmico e melodico ma anche
timbrico giocando durante gli scambi con uno strumento, o con l’altro
a ricalcarne melodia e suono. A suo favore in questo campo gioca la
naturale propensione alla nasalizzazione del suono che ben si compara
con la tipica caratterista di penetranza dei fiati.
RISPOSTA: CADENDO APPENA PRIMA DI UN CONCERTO E ROMPENDOSI DEI DENTI :-)
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