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venerdì 10 maggio 2013

L'evoluzione del timbro vocale 9 CONCLUSIONE


IL CANTO SPERIMENTALE

Il culmine di ogni esibizione jazzistica è notoriamente l’improvvisazione nella quale il musicista o il cantante di turno danno dimostrazione della loro tecnica e profondità espressiva. Tutta l’evoluzione che il jazz ha vissuto dalla sua nascita ad oggi è stata accompagnata dall’evoluzione del concetto solistico da tutti i punti di vista: ritmico, melodico e armonico. Il fraseggio solistico degli anni ‘50 è diverso da quello che ha caratterizzato le decadi successive e, i musicisti più ferrati, riescono a inserire nelle loro improvvisazioni delle citazioni di quello che fu lo stile di un epoca a loro piacimento. Abbiamo visto che una cosa simile è possibile anche per l’aspetto vocale (per quanto questo sia più legato ai personaggi) che nel tempo ha subito una progressiva evoluzione verso l’intimismo timbrico, sia per una questione interpretativa che di crescente bisogno di agilità vocale nelle improvvisazioni in scat.
L’evoluzione dal linguaggio canoro jazz si è diramata successivamente anche verso zone meno consone per un cantante tradizionale caratterizzate da una ricerca di libertà improvvisativa maggiore.
In questo nuovo e nebuloso campo il timbro vocale diventa il mezzo principale di espressione, spesso le performance, soprattutto di voce sola, non si basano più sui parametri musicali ma solo ed unicamente sul bagaglio timbrico che il cantante può sfoderare. Così facendo si va a recuperare la primordialità della voce che ritrova, dopo essersi slegata dalla musica e dalla parola, tutta la sua potenza espressiva. Il legame tra parola e timbro è un ambito molto interessante da approfondire che sfocia prepotentemente nella psicologia. Generalmente si viene a creare una sorta di reazione inconscia davanti a determinate parole che obbligano l’esecutore a pronunciarle sempre in un determinato modo, con la stessa inflessione o timbro andando a danneggiare la comunicazione non verbale ossia emotiva.
Demetrio Stratos trasse conclusioni simili tramite l’osservazione della fase di lallazione della figlia neonata, ovvero si accorse che la bambina inizialmente giocava e sperimentava con la propria voce, ma poi la ricchezza delle sonorità vocali andavano perdute con l’acquisizione del linguaggio: «il bambino perde il suono per organizzare la parola». Questa osservazione di Stratos sarà il filo rosso che attraverserà per intero il suo percorso artistico e non solo.

Eliminando questa sorta di ricatto psicologico che la parola induce si vanno a recuperare colori timbrici inusuali legati spesso ad emozioni che difficilmente mostreremmo in pubblico ma non per questo da eliminare. In questi ambiti, definiti poi d’avanguardia o di musica contemporanea, si alternano proprio come negli standard jazz parti scritte e liberamente interpretate ad altre completamente improvvisate. I maggiori esponenti di questa che io definisco improvvisazione timbrica sono: Cathy Berberian, Meridith Monk, Demetrio Stratos e Diamanda Galas. L’elenco potrebbe allungarsi di molto ma ho preferito limitarmi ai nomi storici. Interessanti da sottolineare sono gli approcci con i quali i due nomi più famosi hanno intrapreso la loro ricerca vocale e stilistica.

Demetrio Stratos  (Alessandria d'Egitto, 22 aprile 1945  New York, 13 giugno 1979) per esempio ricercava nelle tecniche canore extraeuropee nuove vie per la produzione della fonazione e lo faceva in maniera scientifica tramite l’apprendimento di queste tecniche dai maestri locali. Interessante a livello improvvisativo fu la collaborazione con John Cage in particolare l’approccio vocale ai Mesostics.
I Mesostics sono delle sorte di partiture dove vengono indicate lettere scritte a caratteri, grandezze e posizioni diverse in modo da suscitare nell’interprete una sorta di tendenza interpretativa diversa in base alle loro forme. In queste performance Demetrio Stratos improvvisava l’uso del timbro sul testo dato andando a cercare nel bagaglio che le sue ricerche gli avevano consentito di accumulare.


Altro esempio di improvvisazione timbrica si può avere con Stripsody, una partitura dallo stile fumettistico dove interpretare non più solo delle lettere ma anche disegni, particolarmente famose furono le interpretazioni della sua compositrice Cathy Berberian  (Attleboro, 4 giugno 1925  Roma, 6 marzo 1983).



Meredith Monk (New York, 20 novembre 1942) è stata tra le prime grandi sperimentatrici vocali e improvvisatrici timbriche e il suo percorso, diversamente da quello di stampo più marcatamente scientifico-esplorativo di Stratos, è basato sulla ricerca di espressività artistica più che sulla tecnica vocale fine a se stessa. Ci sono emozioni, stati d'animo, visioni, per cui l'espressione linguistica le appare inappropriata, limitativa, a volte addirittura inesistente nel vocabolario di una lingua. Sensazioni e turbamenti che magari non conosciamo, perché estranei al nostro mondo o che forse abbiamo dimenticato, indaffarati nei corsi e ricorsi della nostra storia. Affascinata da simili congetture, decide di votare il suo intero percorso alla ricerca di un'espressione artistica in grado di rappresentare le trepidazioni dell'eternamente umano, scavando sempre più a fondo nella riesumazione degli strati più primitivi del nostro subconscio tramite la ricerca che venne definita di archeologia vocale.
La particolarità che distingue la sua attività è che viene trasferita da una condizione di individualità ad una di collettività, Meredith Monk spesso si esibisce e incide i suoi lavori con un Ensemble vocale dimostrando che il linguaggio vocale non necessita per forza dell’ausilio della parola per poter essere comprensibile.

I lati più oscuri e ancestrali della voce ci vengono, invece, offerti dall’arte performativa di Diamanda Galas (San Diego, 29 agosto 1955). Nessuno più di lei è riuscito a portare lo strumento naturale per eccellenza verso lande di tormentata espressività e lancinante compartecipazione. Se non è la cantante più dotata da un punto di vista strettamente tecnico (faccenda che a lei, per sua stessa ammissione, interessa ben poco, tanto da non sopportare che si parli dell’entità della sua estensione vocale) nessuno, con l’eccezione di Meredith Monk (la cui musica è comunque estremamente diversa, sia per forma sia per intenzionalità), ha saputo realizzare un linguaggio vocale-musicale tanto eclettico, di così ampio respiro, per un così alto numero di opere. I concetti di dolore, sofferenza, umiliazione, sia fisica che psicologica, saranno sempre al centro della poetica della cantante: è sua intenzione dare voce a coloro che di norma non hanno diritto ad esprimersi, vale a dire i reietti, i sconfitti, gli abbattuti, i feriti. Vuole dar voce o meglio timbro (e quindi identità) all’inascoltabile, a ciò che la società, per convenzione, paura e rigetto, rifiuta di ascoltare.



CONCLUSIONE

Arrivati a questo punto, dopo aver descritto il percorso timbrico vocale all’interno della storia del jazz, per quanto sia stato necessariamente semplificato e stilizzato, c’è una considerazione da fare. Mentre agli albori dello scat il cantante imitava il fraseggio, l’inflessione e lo stile degli strumenti musicali, con l’emancipazione dell’improvvisazione timbrica si è andati in senso opposto ovvero si è recuperata la consapevolezza della voce come primo vero strumento imitato da tutti gli altri. Così facendo si è sempre più ricercata una strada praticabile solo dallo strumento voce che, per costruzione, è lo strumento più duttile e più vicino all’animo umano in quanto ne esteriorizza direttamente le emozioni.
Non è detto che un approccio escluda l’altro, anzi, personalmente credo che più si esplora la tavolozza dei colori timbrici e più abbiamo la possibilità di esprimerci meglio, sia all’interno di una struttura musicale standard sia nell’improvvisazione più viscerale. Molti puristi criticano l’improvvisazione timbrica affermando che non sia più jazz, a questi vorrei ricordare che il jazz nasce prima di tutto come fenomeno sociale di incontro-scontro tra culture, etnie, religioni e musiche di popoli diversi dando ad ognuno la possibilità di emergere e far spiccare le proprie caratteristiche durante gli assoli, va da se che un genere così legato alla multiculturalità e alla libertà di azione non è limitabile a dei parametri stilistici fissi. Spesso invece si è prestato all’apertura nei confronti di nuove influenze finendo con inglobarle e ampliare i propri orizzonti fino all’avanguardia.
È proprio nel limite ormai invisibile tra jazz e avanguardia che il timbro vocale ritrova tutta la sua libertà espressiva pur non perdendo mai del tutto un senso dello stile e anche di riconoscenza nel confronti del linguaggio jazzistico più classico. Vorrei inoltre affermare per concludere che lo studio del timbro, quanto mai sottovalutato in ambito accademico, risulta la più fondamentale arma per la seduzione del pubblico del jazz che, contrariamente alle platee che frequentano ambienti musicali diversi, è abituato alla ricerca di novità ed ama farsi sorprendere dicendo, come nel famoso film “The jazz singer” (1928): "Aspettate un momento, aspettate un momento, non avete ancora sentito niente!"












CONDIVIDETE CONDIVIDETE CONDIVIDETE... continua...

GRAZIE PER AVERMI SEGUITO IN QUESTO AFFASCINANTE VIAGGIO, DAL PROSSIMO POST SI CAMBIERÀ  DECISAMENTE ARGOMENTO: 
PRESENZA SCENICA COME GESTIRE IL CORPO E L'ANSIA SUL PALCO

a presto!!! :-)

3 commenti:

  1. Bellissimo come sempre, Michele!! Notevoli i contributi video!
    Stefano Sergi

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    1. Grazie a te Sergio! Mi raccomando condividilo e consiglialo ai tuoi colleghi canterini ;) ciao!

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  2. Demetriou E' veramente notevole.
    E' perchè quelli come lui non muoiono mai veramente ...
    Stefano Sergi

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