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lunedì 6 maggio 2013

L'evoluzione del timbro vocale 6


Nat King Cole: lo charm del sottovoce

DOMANDA: QUALE FU LA FURBERIA TECNICA USATA DA NAT KING COLE PER RENDERE AFFASCINANTI LE SUE INTERPRETAZIONI?

«La mia voce non ha nulla di cui andare fieri. Ha circa solo due ottave di estensione. Credo che sia il rauco, il rumore ansimante che piace ad alcuni». 
Questo diceva di sé Nat King Cole ed è strabiliante leggere una dichiarazione del genere fatta da un cantante su se stesso, ma ciò che Nat King Cole, nome d'arte di Nathaniel Adams Coles (Montgomery, 17 marzo 1919  Santa Monica, 15 febbraio 1965), aveva perfettamente capito di se stesso era che il valore assoluto della sua voce risiedeva proprio nel timbro. Fa impressione leggere quel «piace ad alcuni» se pensiamo che Cole fu uno dei cantanti più influenti della sua epoca, e non solo, andando a determinare un passo molto importante nel percorso che abbiamo definito verso l’intimismo timbrico.
Con Nat King Cole infatti facciamo un passo indietro ma due in avanti, se dal punto di vista prettamente sonoro la sua voce voleva essere calda e affascinante come si usava un tempo, dall’altro ha raggiunto questo obiettivo senza appesantirla in modo artefatto ma sfruttando al massimo la tecnologia microfonica e riducendo al minimo il volume della voce. «Aveva un modo tutto speciale di carezzare ogni parola», scrive Henry Pleasants, «di avvolgervi attorno alla propria voce. Così intima era questa identificazione con la musica implicita nella lingua inglese che è impossibile evocare il ricordo della sua voce senza quello delle parole che ad essa si accompagnano».


Nat King Cole pensava che il segreto del calore della voce risiedesse nel fumo. Era infatti un fumatore accanito di sigarette al mentolo e credeva che un consumo di almeno tre pacchetti al giorno avrebbe dato alla sua voce una tonalità più ricca. Arrivò al punto di fumarne diverse proprio prima di registrare, vizio che gli costò la vita dato che morì a soli 45 anni per un cancro ai polmoni. Il suo charme risiedeva, invece, nella confidenzialità della sua voce baritonale beige tenuta sempre a freno nel volume sfruttando la grande apertura della bocca per far fuoriuscire il suono al meglio senza la necessità quindi di spingere il fiato. Il risultato era un sussurro in mezza voce che catturava l’attenzione dell’ascoltatore e una volta ottenuta non la lasciava più andare tenendola sempre viva con continui ammiccamenti.
Come sottolineava Henry Pleasants, Nat ha oltretutto insegnato a curare a fondo la dizione, da sempre ignorata, per renderla plastica, sonora e musicale: parte integrante del quadro interpretativo. Non dimentichiamo poi l’intonazione: ricordiamo infatti la grandissima importanza e bravura anche del Nat King Cole pianista che contribuì a definire lo standard del trio jazz.




CONDIVIDETE CONDIVIDETE CONDIVIDETE... continua...

RISPOSTA: NAT KING COLE CONSCIO DEI LIMITI DEL SUO STRUMENTO PUNTANDO TUTTO SULLA SUA CARATTERISTICA MIGLIORE OVVERO IL TIMBRO, NE SFRUTTO' TUTTE LE SFUMATURE RIDUCENDO DRASTICAMENTE IL VOLUME RISULTANDO UNA VOCE INTIMA E RASSICURANTE.

venerdì 9 novembre 2012

Primi passi 3


Orientarsi tra le tecniche di canto

DOMANDA: Cos'ha in comune il mondo delle arti marziali (qui degnamente rappresentato da kung fu panda) e quello del canto? (la risposta a fine articolo)



In questi ultimi anni stiamo assistendo ad un proliferare di tantissime nuove tecniche (non di arti marziali) ma bensì di canto! Come possiamo scegliere quella più adatta a noi? Quali sono le più valide?

La tecnologia avanza e il metodo scientifico le sta veramente appresso quindi le scoperte che i ricercatori, anche in ambito vocale, stanno portando avanti negli ultimi anni sono considerevoli! 
Va da se che chi ha qualcosa di nuovo da dire cerca sempre di sfruttarlo nella maniera più proficua possibile imbastendo esercizi appositi per valorizzare e canalizzare le proprie scoperte in campo artistico.
Basta fare una rapida ricerca su internet per rendersi conto che ormai i metodi di canto con marchio registrato sono veramente una miriade: dai grandi nomi noti e che spesso organizzano convegni in tutto il mondo a metodi che portano il nome di un cantante sconosciuto ma che comunque si prodiga di dare consigli  su youtube, come capire quali sono i più seri?
Il mio consiglio è quello di iniziare proprio dai più famosi, solitamente sono quelli più seri ma comunque sono da conoscere per poter costruire anche un proprio senso critico riguardo ad una realtà già conosciuta dagli addetti ai lavori. L'errore che solitamente si compie è quello di farsi prendere dall'euforia della prima nuova scoperta e professare al mondo: "IL MIO METODO E' QUELLO GIUSTO E GLI ALTRI SONO SBAGLIATI!" Niente di più falso se pensiamo che l'efficacia di un metodo non si basa tanto sull'aspetto teorico ma su quello pratico e in questo campo non esiste un giusto assoluto, siamo tutti diversi e se un cantante si trova a suo agio con degli esercizi non è assolutamente detto che valga lo stesso anche per gli altri, anzi.
Bisogna semplicemente provarli, dedicarci tempo, a volte anche anni per assimilare gli insegnamenti più complicati, e poi cambiare per tornare magari tornare indietro più avanti nella vita. Ciò che non capiamo oggi potremmo capirlo meglio domani o dopodomani! 
Attenzione poi (soprattutto quando si va a frugare tra le tecniche meno famose) ai metodi-clone, ovvero a quelle metodologie copiate spudoratamente da altre ma dando nomi diversi, ce ne sono moltissime anche su carta stampata; a proposito dei libri sul canto posso dirvi che secondo la mia esperienza è impossibile capire gli esercizi e la linea di pensiero di un metodo senza avere l'esempio e la guida dell'insegnante autorizzato: illustrazioni, spiegazioni scritte, esempi audio e anche in dvd non sono mai completamente esaustivi per il semplice fatto che non sono interattivi, non possono vedere i nostri esempi e non ci sapranno guidare secondo le nostre specifiche personali. C'è da dire però che dare un'occhiata ad un libro può far aumentare la nostra curiosità ma questa deve sempre sfociare in qualcosa di più che la semplice lettura e ripetizione a pappagallo degli esercizi proposti dal manuale.

Diffidate da quei metodi che promettono stravolgimenti radicali della propria voce in pochissimo tempo! Tutto quello che ha a che fare con la voce è sempre un processo lento ma costante, per quanto vedere argomenti come per esempio il passaggio (argomento principe sul quale tutti i metodi vocali hanno la loro visione) possa dare una parvenza di progressione fulminea, ci si renderà presto conto che per portare veramente avanti quel parametro vocale bisognerà dedicarti tanto tempo.
Prendete ciò che è buono PER VOI da ogni metodo, fatevi la vostra scaletta di esercizi, FATEVI UN VOSTRO "METODO" (esattamente come fece il mitico Bruce Lee nelle arti marziali diventando il numero uno proprio perché unico!) che sia personale per le vostre esigenze e i vostri obbiettivi! Siate curiosi, fate domande, partecipate agli eventi e offritevi per fare degli esempi, tutti questi convegni e/o corsi sono a pagamento quindi sfruttateli fino infondo.

Ultima cosa che mi sento di dire, dato che questi corsi difficilmente hanno una continuità costante, è quella di rimanere sempre affiancati da un insegnante di fiducia che alla luce delle vostre scoperte sulle nuove tecniche possa riuscire a integrarle con un percorso più ampio, fatevi sempre accompagnare possibilmente da un insegnante che abbia già compiuto il vostro percorso.

Ricapitolando:
- Siate curiosi e buttatevi 
- Non siate frettolosi e dedicate tempo ad acquisire questi nuovi insegnamenti
- Non mettetevi i paraocchi e studiate con l'umiltà di chi sa che avrà sempre da imparare da fonti diverse
- Attenzione ai cloni
- Non accontentatevi dei manuali
- Fatevi accompagnare dal vostro insegnante.

RISPOSTA: la miriade di tecniche che queste discipline comprendono! 






giovedì 1 novembre 2012

La "bella" voce 3


La voce musicale



Più che una questione vocale si tratta infatti di una predisposizione musicale.
Troppo spesso ci si dimentica di come il cantante dovrebbe essere anch'esso un musicista, si assiste sempre di più all'avanzamento di generazioni di cantanti musicalmente ignoranti (fatto che ormai a livello professionale è però impensabile e sbarra la strada a tante “belle voci”) mentre invece le doti che, a mio parere, bisognerebbe ricercare per capire se il canto può essere la nostra strada sono prima di tutto musicali, per esempio il senso del ritmo e l'intonazione (capacità sicuramente migliorabili con lo studio) ci possono dare delle buone indicazioni sul nostro punto di partenza e verosimilmente anche sugli obbiettivi che possiamo porci.
Chi nasce con un timbro avrà quello per tutta la vita?
Non precisamente, il timbro che riceviamo alla nascita e che modifichiamo nella fase della crescita conserverà sempre delle caratteristiche peculiari che proprio per questo lo differenziano dagli altri ma verrà modificato dalle nostre scelte di vita. Possiamo però anche arricchirlo tramite lo studio.
Si può incrementare il numero delle armoniche che compongono la nostra voce rendendola più calda e quindi dandoci un suono di base più coinvolgente e comunicativo, gli esercizi per la libertà del suono come gli esercizi a bocca chiusa, il muto, e soprattutto l'esplorazione del canto armonico ci danno una marcia in più facendoci partire in posizione avvantaggiata rispetto a chi, pur bravo tecnicamente, ha un suono “povero”.
Questa che sembra una contraddizione in realtà non è una regola assoluta infatti nell'essere cantante c'è molto più che la voce e molto più che la tecnica; sono proprio le eccezioni che danno nuova linfa all'arte, se Louis Armstrong non avesse sdoganato con la sua impostazione vocale “non proprio perfetta” tutti i cantanti moderni che gli sono succeduti dove saremmo ancora?





lunedì 29 ottobre 2012

La "bella" voce 2



Una voce unica


I grandi cantanti infatti sono quelli che non sono accostabili a nessuno tranne che a se stessi.
Alla luce di questa osservazione devo constatare che il principio di imitazione così importante inizialmente (in quanto ci permette di avere una o più figure di successo che ci accompagnano e ci stimolano nello studio) resti troppo spesso radicato anche quando un cantante dovrebbe avere il coraggio di tagliare il cordone ombelicale e ricercare una propria strada. Questo processo può essere spiazzante e rappresentare una svolta “pericolosa” nel proprio percorso perché ci si sente soli con la propria voce ed esposti al mondo, ma come si può crescere se non si accetta il rischio di proseguire la propria vita non più accompagnati dai genitori? Allo stesso modo dobbiamo prendere il coraggio di distanziarci dai nostri modelli che, se prima ci hanno iniziato alle basi del canto, a lungo andare ci ingabbieranno in stereotipi che non ci appartengono. In una nazione dove la maggior parte dei gruppi pop-rock sono delle cover o tribute band questa è la logica e dannosa conseguenza.
Tutti possono cantare?
Certamente si! Bisogna però chiedersi per quale motivo cantiamo e quali sono le nostre aspirazioni.
Chi crede in Dio come me pensa che ognuno di noi ha ricevuto dei doni particolari che nessun altro possiede e dovrebbe impegnarsi affinché questi diventino le nostre principali attività nella vita, però nulla vieta di amare la musica e cantare anche con un discreto successo, gli effetti positivi del canto sono molteplici sia a livello mentale che fisico quindi perché no.
Altro discorso invece è per chi vuole intraprendere un percorso professionale, la prima cosa da fare è cercare una figura in grado di aiutarci a sviluppare le nostre caratteristiche, di colmare le nostre lacune (in seguito darò dei consigli su come scegliere il proprio insegnante) e di darci con franchezza il quadro della situazione su noi stessi.


continua...





venerdì 26 ottobre 2012

La "bella" voce


Quando una voce si dice “bella”?


Quante volte abbiamo sentito espressioni del tipo:”Per cantare bisogna avere una bella voce” oppure “Se non si nasce con una bella voce non serve a nulla studiare” o peggio ancora “Non puoi cantare perché non hai la voce”? Tutte frasi che definire scoraggianti soprattutto per chi si affaccia al mondo del canto è dir poco.
Quest'ultima deprimente esclamazione ci può però aiutare a ragionare, dire che per cantare bisogna avere “la” voce è una semplificazione estremamente errata perché presuppone che esista un solo tipo di vocalità che se posseduta può spalancare le porte del successo.
La realtà è ben diversa, come ho già sottolineato nella prefazione, ognuno di noi è diverso (per origini, per bagaglio di esperienza, per sensibilità, per costituzione e certamente anche geneticamente) e quindi con una voce diversa (per tessitura, per colorazione, per facilità d'uso e per motivi anatomici). Dando per acquisito il fatto che non è mai esistita nella storia dell'umanità una voce uguale ad un'altra (e che invece i cantanti di successo sono stati molti) chiediamoci allora che cosa fa di una voce una “bella voce”.
Prima di tutto suggerisco di inquadrare il proprio periodo culturale guardando anche al passato e, ovviamente, anche al territorio che ci interessa. Per quel che riguarda l'Italia si è sempre intesa come “bella voce” una voce rotonda, chiara, aperta, ben proiettata, forte e possibilmente dalle tessiture acute, tutte caratteristiche tipiche della tradizione lirica italiana.
Continuando il nostro ragionamento non possiamo quindi prescindere da questo humus culturale che riecheggia ormai nel nostro DNA musicale da generazioni, però non possiamo neanche convincerci che la questione si esaurisca qui infatti, con l'avvento del canto microfonato prima e della globalizzazione poi (che ci permette di ascoltare la musica tipica della Nuova Zelanda con un rapido click), molteplici sono le influenze e i mutamenti che ha subito l'ideale di “bella voce”.
Innanzitutto questo è significato un arricchimento non indifferente e un ampliamento delle caratteristiche vocali accettate in campo artistico dagli ascoltatori, ecco quindi che non vanno più di moda solo le voci forti e impostate (un tempo necessarie per rendere udibile il proprio canto senza l'ausilio del microfono) ma anche quelle piccole e sussurrate, non più le sole le voci acute ed aperte, tipiche del bel canto (altro termine infelice), ma anche quelle gravi e chiuse.
Oggi ogni voce ha un potenziale artistico in relazione a quanto si riesca a renderla veicolo di messaggi e di emozioni.
Certamente un cantante che si avvicinerà di più alle caratteristiche descritte, cioè il suddetto substrato italiano, avrà la possibilità di essere riconosciuto più facilmente come un buon cantante a livello popolare anche da chi non ascolta quasi mai musica dato che le sue caratteristiche sono già state ascoltate ed elogiate in passato rappresentando per l'ascoltatore un fattore di stabilità e rassicurazione ma per tutti gli altri le strade non sono chiuse anzi, l'allontanamento da un determinato modello già ascoltato ed “assorbito” dalla gente può essere l'occasione per essere una ventata d'aria fresca.

continua...